Luglio 1944. Il passaggio del fronte da Fiano (Certaldo) nelle memorie di Carlo Papini e di Egidio Corti, priore di San Donato a Lucardo

* I seguenti brani sono tratti dal catalogo della mostra fotografica Fiano 1919 – 1945. La grande Storia e una piccola Comunità, a cura di M.C.Merlini e P.Gennai, Fiano, 2019, pp. 192-197

Il passaggio del fronte nelle memorie di Carlo Papini

Carlo, figlio secondogenito di Nello Papini e Egle Lupi, è nato a Fiano nel 1935.

Carlo Papini insieme ai genitori in una foto del 1947

Il ricordo che ha degli anni di guerra è ancora oggi ben vivo.
Carlo ha vissuto il passaggio del fronte in casa propria, di fronte alla piazza: Nello, il padre, si rifiutò sempre di scendere nel rifugio, nonostante il pericolo. Come quando, durante i cannoneggiamenti alleati, alcune granate colpirono il muro dell’orto che separava – allora come oggi – la proprietà Papini da quella Verdiani. Carlo ricorda bene le schegge che volarono dappertutto: alcune finestre di casa ne portano ancora i segni. “L’unica casa danneggiata – ci dice – fu quella di Roberto Manetti: ricordo che era di pomeriggio, verso le 4. Una seconda cannonata centrò la piazza, nella strada in discesa ancora presente, quella che oggi sta fra la casa Mannucci e il bar; una terza colpì in pieno il fontanello vicino a dove poi saranno costruite le scuole.
Ricordo benissimo il fragore, di una intensità inaudita, delle bombe che vennero sganciate su Certaldo il 15 gennaio 1944: Quinto, sfollato pisano che abitava in Piazzetta (nella casa di fondo), si mise a gridare disperato, memore di quello che aveva vissuto a Pisa.
Ricordo quando furono bombardate Pisa e Genova: dal Fiano si riuscivano a vedere, in lontananza, i bagliori che illuminavano il cielo. In sottofondo si poteva perfino udire il brontolio sordo di quelle esplosioni […].
Nel 1944 al Fiano venne costituito un gruppo partigiano: di questo gruppo, comandato da un tale Luigi Brogi di Firenze, faceva parte anche mio zio, Otello Lupi, socialista come il padre Raffaello.
La base della squadra era la ex Casa del Fascio, vale a dire i fondi di casa nostra dove, per un certo periodo, furono ospitati anche alcuni sfollati di Livorno.

Una sera, durante il passaggio di una colonna tedesca, poco mancò che quel rifugio non venisse scoperto: là dentro il Brogi e gli altri avevano raccolto le armi di cui erano riusciti a fare incetta. Alcuni tedeschi si fermarono davanti alla porta: la porta non era chiusa – le serrature all’epoca non si usavano – e uno di loro, appoggiandosi, la fece quasi aprire. Le armi, per fortuna, non c’erano più, trasferite pochi minuti prima in fondo al campo dietro casa dagli stessi partigiani che, formando una catena, se le erano passate l’un l’altro con una rapido passaggio di mano.

Fiano, 1940 ca: veduta della via principale. Sulla sinistra, accanto alla pizzicheria, la Casa del Fascio

 I tedeschi si ritirarono da Fiano intorno al 20 luglio: i cannoneggiamenti degli alleati, che erano appostati verso Bagnano, continuavano però a prendere di mira Fiano e gli immediati dintorni, mettendo continuamente a repentaglio la vita di noi civili. Fu per questo che la mattina del 24 luglio (lo ricordo bene, era la festa di Santa Cristina) Francesco Bing decise di raggiungere la postazione alleata: bisognava che qualcuno avvisasse gli alleati, i cannoneggiamenti dovevano cessare. Sfidando il pericolo del fuoco alleato Francesco Bing e Antonio Moretti (operaio di Francesco Bing presso la Fattoria di Fiano) percorsero a piedi, attraversando i campi, gli 8 chilometri che separano Fiano da Bagnano: il loro fu davvero un atto di grande coraggio. Otello Lupi e mio fratello Sergio scesero invece lungo la via Fiorentina occupandosi di segnalare, con appositi cartelli scritti in inglese, le aree minate dai tedeschi: incontrarono le prime truppe alleate nel piano di Betto e sul colle di Moricci.
La sera del 24 luglio Fiano era sotto il controllo degli alleati: i primi ad arrivare, da Sud, furono dei contingenti canadesi, indiani e neozelandesi che si muovevano agli ordini di un comandante inglese; altre pattuglie di soldati indiani giunsero dopo poche ore, provenendo da Est.
La guerra era finita“.

Il passaggio del fronte al Fiano dal Diario di don Egidio Corti

La chiesa di San Donato a Lucardo

Nel 1944 don Egidio Corti era priore della parrocchia di San Donato a Lucardo: fra i suoi Diari, custoditi nell’archivio parrocchiale, abbiamo ritrovato queste sintetiche note che insieme all’urgenza e alla tragedia di quei momenti forniscono ulteriori notizie circa gli avvenimenti che toccarono Fiano nelle settimane precedenti e immediatamente seguenti la liberazione, integrando e confermando il lucido ricordo di Carlo Papini.
Le memorie di don Corti sono inoltre una testimonianza preziosa riguardo l’entità dei danni che ebbe a subire, in quei giorni, l’antica chiesa di San Donato a Lucardo: i crateri da proiettile presenti ancora oggi sulla sua facciata ne costituiscono una chiara memoria.
16 giugno
Sono andato a Santa Maria Novella a comunicare i Padroni e ho fatto anche lì la funzione. Ho trovato il viale pieno di automezzi della Croce Rossa tedeschi.
28 giugno
Gran passaggio di automezzi. Il cannone da vari giorni si sente molto vicino. Dio ci salvi!
9 luglio
Raccomandato di stare in grazia di Dio. Portare al rifugio il Crocifisso benedetto e invocare il suo aiuto “Gesù mio misericordia”. In caso di bisogno io sarò al rifugio al Giuncaiolo.

La chiesa di San Donato a Lucardo in una foto degli anni Trenta del Novecento

12-27 luglio
Dal giorno 12 al giorno 27 luglio ho celebrato in casa non potendo muoversi a causa della guerra e dei cannoneggiamenti. Il giorno 20 non ho potuto nemmeno celebrare e così il giorno 22. La notte precedente c’è stato un cannoneggiamento spaventoso, una granata è scoppiata sulla piazza della Chiesa nell’angolo destro di chi entraprovocando forature come scalpellature della facciata e rovina completa della finestra del Battistero, foratura in cinque punti della porta di Chiesa con rottura di svariati vetri della bussola e rotta una Stazione [della Via Crucis] con una scheggia. Un’altra granata ha preso il muro maestro della chiesa sull’arco maggiore, il frano del materiale ha sfondato la Cappella del Sacro Cuore, danneggiata anche la volta di centro del transetto col rotolarvi sopra delle grandi pietre del muro maestro. Altre granate, un cento circa, sono cadute d’intorno alla chiesa, alcune molto vicine e altre più lontane. La finestra del Sacro Cuore è andata in frantumi, l’occhio [la vetrata circolare] di Santa Teresa e Santa Cristina sono franati in più punti come pure l’occhio di Cristo Re forato nel centro.

Chiesa di San Donato a Lucardo. Particolare dei crateri scavati dai proiettili sulla facciata dell’edificio

16 agosto
Stamani Tullio Poggi ha finito di spezzare gli ulivi atterrati dalla granate e dal passaggio attraverso i campi dei carri armati e camion inglesi. La settimana scorsa dopo la festa di San Donato ho fatto le riparazioni più urgenti alla chiesa: ora è coperta.
Nota sulla Guerra
La guerra è passata anche di qui. Fummo liberati la mattina del 24 luglio alle cinque e mezzo; ma gli indiani e gli inglesi arrivarono la sera alle 17,30. Durante la dominazione tedesca nel mio popolo si devono lamentare solo ruberie di buoi, suini, patate, biciclette e generi diversi da mangiare. Deportazioni di uomini qui non ce ne sono state. Dobbiamo lamentare un morto soltanto, Poggi Antonio, che fu sventrato da una scheggia di granata mentre da casa si recava al bosco per riguardare le sue bestie nascoste per liberarle dai tedeschi. Lasciò la moglie e quattro figli.